Laura Marinoni

Pietro De Luigi on web

 

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LAURA MARINONI Milanese, proveniente dalla danza, si forma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica S. D’Amico di Roma e debutta in teatro sotto la guida di G. Patroni Griffi che la dirigerà in molti spettacoli, tra cui la Trilogia pirandelliana del teatro nel teatro (Premio E. Duse 1989), commedie brillanti accanto a F. Valeri e V. Caprioli, e, ancora, testi di Marivaux, Cechov, Eliott. G. Albertazzi la sceglie per il Cid di Corneille all’Olimpico di Vicenza, La lezione di Jonesco e vari recitals. L’incontro con Strehler la vede protagonista nel Campiello di Goldoni e nell’Isola degli schiavi di Marivaux; con Castri interpreta Orgia di Pasolini. E’ Antigone a Segesta, Porzia nel Mercante di Venezia, Rosalind nel Come vi piace, Elisabetta nel Riccardo Terzo di Shakespeare, senza dimenticare testi contemporanei di Palazzeschi, Bigagli, Traverso e tanti altri autori. Al Piccolo Teatro di Milano, diretta da L. Ronconi, vince il Premio Ubu 2001 per Lolita di Nabokov, recita Goldoni, Giordano Bruno, Eschilo al Teatro greco di Siracusa (Premio della Stampa 2002 per la migliore interpretazione nelle tragedie classiche). L’Opera da tre soldi di Brecht-Weil le regala un successo personale anche come cantante e le fa vincere il Premio Flaiano 2004. Sempre nel 2004 ha registrato la prima versione italiana di Enoch Arden di Strauss-Tennyson. Per la televisione è presente in vari sceneggiati, anche all’estero, tra cui la Piovra diretta da G. Battiato, Distretto di polizia 6 e Giorni da leone. In cinema ha partecipato a film coi fratelli Taviani, U. Marino, J. P. Rappenau. Recente protagonista ne Le lacrime amare di Petra von Kant di Fassbinder (regia di Antonio Latella), si aggiudica nel 2007 il Premio Eleonora Duse, riservato alle attrici che si sono maggiormente distinte nell’ultima stagione di prosa.

Il sito personale di Laura Marinoni

Mentre interpreta PIRATE'S SONG
dall' Opera da Tre Soldi di Brecht-Weill
regia P. Carriglio - stagione 2004/05

http://www.lauramarinoni.it/video/piratesong/piratesong.html

 

Intervista a Laura Marinoni su Enoch Arden

(di Arrigo Boccalari, pubblicata su il Cittadino, Lodi, 17 febbraio 2005)

 

Marinoni e De Luigi, note e rime

Dalla loro collaborazione la prima incisione dell’Enoch Arden

 

Sarebbe forse un’esagerazione affermare che sia diventato un classico, ma di certo Enoch Arden, il melologo per voce recitante e pianoforte di Richard Strauss recentemente pubblicato su disco dall’editore Rugginenti, sta mietendo significativi consensi di pubblico e di critica (a giudicare dalle lusinghiere recensioni pubblicate su riviste specializzate). La versione italiana, l’unica integrale mai realizzata del poema di Alfred Tennyson, è stata curata dal pianista lodigiano Pietro De Luigi, che nel disco accompagna la voce di Laura Marinoni, milanese, considerata una delle attrici più intense dell’attuale panorama teatrale italiano. Laura Marinoni, che sino al 6 febbraio è stata impegnata al teatro Eliseo di Roma nell’Opera da Tre Soldi di Brecht-Weill, parla di questa esperienza per lei insolita, quella del melologo, con entusiasmo e particolare partecipazione.

 

Come si situa nella sua carriera questa insolita interpretazione?

 

“Improvvisamente la musica mi è venuta incontro, mi è piovuta addosso. Forse in qualche modo l’ho cercata, visto che già con l’Opera da Tre Soldi ho ricominciato a studiare canto in modo sistematico”.

 

Ricominciato?

 

“E’ una passione che ho coltivato da ragazza, ma che ho dovuto accantonare perché non è così facile coniugare la professione di attrice con altri interessi”.

 

Occasioni d’oro, quelle del melologo e di Brecht?

 

“E’ accaduta una strana coincidenza: sin da bambina ho desiderato avere un pianoforte in casa e recentemente sono riuscita a realizzare questo sogno. Ebbene, sembrerà strano, ma da quando questo pianoforte è entrato in casa, sono arrivati i musicisti, tra i quali Pietro De Luigi”.

 

Come è arrivata la proposta di recitare nell’opera di Strauss?

 

“Direttamente da Pietro, è stato lui a pensare a me per Enoch Arden”.

 

Ha accettato subito?

 

“Non avevo mai recitato in un melologo, ma sono innamorata della musica, credo di essere una persona molto musicale, ho sempre cantato negli spettacoli, studiacchiato qualche strumento, frequentato musicisti, quindi quella di Enoch Arden è stata la classica proposta giusta al momento giusto”.

 

Conosceva il testo di Alfred Tennyson e l’opera di Strauss?

 

“No, tutto è stato una sorpresa. Il testo di Tennyson mi ha colpita profondamente, il suo valore letterario potrà anche essere considerato datato, romantico, o che altro, ma siamo in presenza di una poesia molto alta”.

 

Come si è trovata nelle fasi di preparazione del disco?

 

“E’ stato un lavoro molto, molto pignolo, da parte di tutti, soprattutto da parte di Pietro, ma che mi ha stimolata ad essere estremamente esigente con me stessa per quanto riguarda la parte recitativa. E’ stato un bell’incontro, quello con Pietro: siamo due persone molto appassionate e nello stesso tempo siamo due perfezionisti”.

 

C’è una parte del melologo che preferisce?

 

“Le parti che più mi commuovono sono proprio quelle di melologo, dove la voce recitata entra, combatte, si accorda all’onda della musica. Poi ci sono le parti più drammatiche, come quella in cui Philip vede l’amore nascere tra i suoi due amici, il primo bacio, oppure il momento in cui Annie ha la visione della morte del marito Enoch. Ecco, questo punto, anche per le implicazioni psicologiche che l’attore deve comunicare all’ascoltatore (la morte di Enoch libererebbe Annie da ogni legame e così potrebbe sposare Philip, ndr) è stato molto difficile da affrontare, ma riascoltandolo ne sono rimasta molto soddisfatta”.

 

Lei crede nell’attualità di un classico vittoriano come Enoch Arden?

 

“Credo che non ci sia nulla di attuale o di non attuale. Io sono sempre stata felice di fare delle cose rare, che la gente va a cercare. E’ un grande privilegio, in quest’epoca segnata dal trash, potere ridare voce, e in questo caso nella nostra lingua, a un’opera che è un classico”.

 

Anche l’Opera da Tre Soldi è un classico.

 

“Certo, è datata, ma assolutamente godibile, sempre, da tutti, giovani, bambini, anziani. Tutti sono d’accordo e ciascuno la fruisce in modo differente”.

 

I tre personaggi del melologo hanno una loro moralità e tutti connotazioni positive.

 

“Enoch, Philip e Annie, ognuno è nobile fino in fondo, nell’opera non ci sono personaggi negativi. Ciascuno fa la cosa migliore per se stesso e per gli altri e questo è sorprendente, perché storie così non esistono. L’amore di uno è anche al servizio dell’amore degli altri. Annie e Philip aspettano, Enoch anche, a modo suo, e compie il più grande atto di generosità, quello di morire senza farsi riconoscere. Il racconto è perfetto, forse un po’ utopico e in questo senso un po’ lontano dai nostri parametri, ma perfetto”.

 

Ha riscontrato una particolare identificazione con uno dei tre personaggi?

 

“La prima risposta è no. Tuttavia è anche vero che, senza volerlo, nei momenti in cui leggevo le parti di Annie, usavo la mia femminilità, che non potevo usare con gli altri due. Ma i tre personaggi sono le facce di uno stesso autore: ho provato grande simpatia per Philip, il timido, il perdente, che dimostra una forza impressionante e che riesce a rendere felice quella donna, che pensava impossibile un altro amore”.

 

Torniamo ad Annie.

 

“Quando ho riascoltato l’incisione, mi sono resa conto di non avere pensato sempre alla recitazione, ma che toni e pause sono sgorgati da me, perché sono toni e pause che mi appartengono come persona”.

 

Lettura, recitazione, interpretazione, non deve essere facile trovare un equilibrio.

 

“La lettura non deve essere tale, nemmeno recitazione, interpretazione sì, quindi l’attore deve saper togliere delle leggerezze, recitare in terza persona e improvvisamente fare una parte di discorso diretto: si rischia la stecca, non è facile trovare l’equilibrio vocale e recitativo. Ci sono momenti più felici, quando si sta a fondo nel recitativo o, viceversa, nelle parti di melologo puro, poi ci si deve applicare con virtuosismi entrando e uscendo da queste parti, dare l’idea dei personaggi, delle immagini, della corsa dei bambini, per esempio”.

 

Sta parlando di tecnica?

 

“Sì, ma fortunatamente non ci ho pensato in modo ossessivo, in quanto secondo me l’importante è esserci mentre si parla, si recita, il resto viene da sé, ma l’importante è saper comunicare l’emozione che l’attore ha assorbito”.

 

Pieno coinvolgimento emotivo, dunque?

 

“Non poteva che essere così, c’è sempre, figurarsi in un’opera che di per sé richiama emozioni per il suo materiale, il suo contenuto. Da Enoch Arden non è possibile astrarsi”.

 

Pietro De Luigi ha scritto un piccolo saggio, Tracce per navigare nell’universo di Enoch Arden, in cui svela una parte del retroterra simbolico proprio del poema. Lo conosce, ritiene che possa essere un supporto, se mai dovesse essere pubblicato, per gli ascoltatori del melologo?

 

“Ho letto le Tracce e credo siano utilissime. Noi operatori, noi attori, affrontiamo i testi e siamo stimolati a conoscerli a fondo, ma le persone che vengono a teatro spesso non hanno il tempo per andare alla ricerca di quello che sta dietro una storia, a un’opera. Tuttavia tanta gente si fionda nelle copertine interne dei cd per saperne di più. Già nell’ascolto di Enoch Arden si capta qualcosa del retroterra simbolico che nasconde, ma le Tracce potrebbero diventare un validissimo supporto all’ascoltatore. Io sono una sostenitrice dell’autore De Luigi, oltre che dell’interprete”.

 

Arrigo Boccalari

 

 

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