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Inni alla notte. Canti spirituali.

(Introduzione di Ferruccio Masini. Traduzione di Giovanna Bemporad. Garzanti)

Contenuto:
"Gli Inni alla Notte", nel loro alternarsi di prosa e di versi, realizzano il concetto aperto di poesia che era stato delineato da Friedrich Schlegel, e sono il documento più alto di una sensibilità romantica, rimasta spesso allo stadio della semplice elaborazione teorica. Esprimono una visione della realtà di estrema audacia speculativa e la figura di Cristo diventa l'unica sorgente di speranza di fronte al terrore della distruzione fisica. Agli "Inni" si accompagnano i "Canti Spirituali" che continuano l'iter ideale di un'anima che, nella gioia di un misticismo sofferto, non ha dimenticato i travagli di una strada irta di asperità e di dolori.

 

 

 

 

Frammenti

(Introduzione di Enzo Paci. Traduzione di Ervino Pocar. Bur)

Contenuto:

Friedrich von Hardenberg, detto Novalis, amico di F. Schlegel e di Fichte, di Schelling e di Tieck, è quasi il simbolo del romanticismo come sintesi del rapporto tra natura e spirito per mezzo della poesia. "La poesia rappresenta l'irrappresentabile, vede l'invisibile, sente il non sensibile". Il suo metodo è quello dell'analogia, delle illuminazioni vertiginose e paradossali, ma il suo fine è filosofico, cioè quello di cogliere la natura e lo spirito, l'universo e il pensiero uniti e inscindibili, come totalità. Più che negli "Inni alla notte" o nel bellissimo "Enrico di Ofterdingen" questi temi sono evidenti nei "Frammenti", una vasta sintesi enciclopedica della cultura, una sorta di affascinante poema filosofico scritto per aforismi. Psicologia, mitologia, metafisica, religione e magia in Novalis si si intrecciano e si confondono perché egli è convinto della profonda unità dello spirito: così nei suoi aforismi sentiamo echi di Platone e di Goethe, di Vico e di Plotino, di Spinoza e di Paracelso, ma anche straordinarie anticipazioni di Proust e di Rilke, di Bergson e di Valery, di Freud e di Jung come fa osservare Enzo Paci nell'introduzione.

 

 

La cristianità o Europa.

(a cura di Alberto Reale. Bompiani)

Contenuto:
Alla fine del 1799, in soli due mesi, Novalis compone lo scritto dal titolo "La Cristianità o Europa", che larga fortuna dovrà raccogliere. In quel periodo il problema di una pace in Europa era un argomento vivamente dibattuto: nell'estate di quell'anno si era ricostituita la grande coalizione contro Napoleone. Da una rivisitazione della storia d'Europa a partire dal Medioevo, attraverso la Riforma e infine l'Illuminismo, Novalis traccia le linee fondamentali per risolvere in maniera duratura l'ideale, sempre attuale, della pace europea. Scorge nel Papato l'elemento determinante della rigenerazione dell'Europa. E auspica, per questo, l''istituzione della gerarchia' e la rinascita della religione dopo un periodo di irreligiosità che aveva compromesso seriamente il Cristianesimo. Il senso religioso e sacrale che permea di soave dolcezza il Medioevo - facendone veramente un tempo "cattolico" -, dopo la mortificazione e la lacerazione della 'indivisibile Chiesa' ad opera del Protestantesimo, è destinato a risorgere come terzo elemento terribilmente avversato ma determinante, unico vero mediatore di un conflitto tra 'eruditi e governo', ovvero tra 'ragioni' opposte. Rifiorirà, dunque, una 'nuova età dell'oro dagli occhi scuri e insondabili, un'età profetica, miracolosa, risanatrice, consolatrice che accenderà la vita eterna'. L'opera è considerata un vero e proprio gioiello della letteratura romantica. Quest'edizione è curata da Alberto Reale, esperto di germanistica. Il suo 'saggio introduttivo' analizza in modo ricco e documentato la storia e il piano dell'opera. Le 'note al testo' ricostruiscono puntualmente il contesto storico e i rimandi bibliografici insiti nel testo. Le 'parole chiave' focalizzano i termini e gli argomenti su cui ruota tutta l'opera. La 'bibliografia', particolarmente ricca, raccoglie titoli che abbracciano l'intera produzione di Novalis. Il testo tedesco a fronte è quello dell'edizione di riferimento di H.-J. Mahl e R. Samuel: Novalis, "Werke, Tagebucher und Briefe Friedrich von Hardenbergs", vol. II.

 

Enrico di Ofterdingen

(a cura di Tommaso Landolfi. Adelphi)

Contenuto:
Filosofo della natura, rabdomante dei misteri della notte, Friedrich von Hardenberg, alias Novalis (1772-1801), apparve e scomparve come una folgore nel firmamento del romanticismo tedesco, lasciando dietro di sé un bagliore che seguitò a rischiarare l'immaginario poetico fino a oggi. Il fiore azzurro che per tutto l'Ottocento varrà come cifra della poesia sboccia nel suo romanzo "Enrico di Ofterdingen" (1802), storia di un'iniziazione alla parola poetica in cui il viaggio del protagonista attraverso una Germania dall'aura medioevale è allegoria di un cammino alla conquista della verità del sogno. La discesa fra i segreti del grembo della terra e del libro della natura, l'incontro con il bel volto di Mathilde e la sapienza di Klingsohr segnano le tappe di un progresso dell'anima, di un itinerario poetico dove soltanto la visione disserra gli arcani dell'essere. Alchimia di una prosa che fluisce liquida come le acque azzurre in cui sprofonda il sogno di Enrico e di uno stile perennemente in bilico fra l'incanto della fiaba e la lucidità della speculazione, "Enrico di Ofterdingen" rappresenta la suprema realizzazione di ciò che Novalis intendeva per poesia: "una follia secondo regola e con piena consapevolezza".

 

Il fiore azzurro

(di Penelope Fitzgerald. A cura di Masolino d'Amico. Sellerio)

Contenuto:
Penelope Fitzgerald definiva i suoi romanzi "microchip novels", romanzi in miniatura, scherzando sulla concisione alla quale tutti sono improntati e che è diventata un po' il suo marchio di fabbrica; a proposito di uno di essi Auberon Waugh, critico famoso per la sua ferocia, dichiarò che per la prima volta nella sua carriera si sorprendeva a pregare una donna di scrivere non di meno, ma di più. Presto diventata popolarissima, la Fitzgerald era stata salutata fin dal debutto come "a writer's writer", un autore per autori, in quanto l'economia e la precisione del suo stile, la salda organizzazione del suo estro, la secchezza del suo umorismo, e la competenza sfoggiata in qualunque argomento ella affronti, sono particolarmente apprezzati da chi se ne intende. "Il fiore azzurro", scritto a ottant'anni, è a mio parere indicabile come il capolavoro: così compatto nella sua ingannevole concisione, da non aver bisogno di chiose, perlomeno in occasione del primo incontro. Lasciamolo parlare da sé. (Masolino D'Amico)
 

 

 

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