Studietti e studiacci

Pietro De Luigi on web

 

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Piero Rattalino nel libro Le grandi scuole pianistiche (p. 68, Ricordi, 1992) riporta questo brano da una lettera di Liszt a Marie d'Agoult (15 novembre 1839):

"I nostri amici (Chopin, Massart, Berlioz, ecc.) non mi conoscono affatto e non possono giudicarmi. Solo il successo può assolvermi, ed è precisamente il successo che mi condanna ai loro occhi. Poco importa! Qualunque cosa capiti io non perderò la dignità."

Nel 1839 il Nostro sospettava di essere o temeva di apparire compositivamente immaturo rispetto, per esempio, a Chopin; e un po' se ne mortificava. Senza disperare: per quanto indietro fosse rimasto, prima o poi li avrebbe raggiunti. La via tortuosa che ha seguito, tuttavia, ha lasciato sbigottiti molti, tanto che non solo i contemporanei, come Schumann, ma anche i posteri, oggi, non sanno ancora pronunciare l'ardua sentenza. Io credo che abbia ragione Busoni: Liszt è un fondamento ed è solido; ma rimane invisibile. (E intendo dare un giudizio di valore, non solo storico). La complessità dell'uomo e il successo del virtuoso hanno, semplicemente, sin dalle origini, imbrogliato la matassa e disorientato i critici.

 

R. Schumann, Scritti sulla musica e i musicisti (1839)

tratto da: http://www.rodoni.ch/schumann/scritti.html

FRANZ LISZT
Studi, op. 1
Grandi Studi, fasc. 1 e 2

    … Possiamo partecipare subito al lettore una scoperta, che farà aumentare l’interesse per questi studi. Noi abbiamo citato una raccolta pubblicata da Hofmeister col titolo di “op. 1”, designata come “travail de jeunesse” e un’altra pubblicata da Haslinger sotto il titolo Grandes Etudes. Da un esame più attento risulta che la maggior parte dei pezzi di quest’ultima raccolta non è che un rimaneggiamento di quell’opera giovanile, già da molto (forse vent’anni fa) pubblicata in Lione e scomparsa presto a causa dell’editore poco conosciuto; poi fu nuovamente ricercata dall’editore tedesco e ristampata. Se per ciò la nuova raccolta, pubblicata del resto dallo Haslinger in modo veramente magnifico, non si può dire una vera e propria opera originale, appunto per questa circostanza deve procurare un doppio interesse al pianista di professione che ha l’occasione di confrontarla con la prima edizione. Da questo confronto vien fuori in primo luogo la differenza del modo di suonare il pianoforte di allora e di adesso; nella nuova edizione rileviamo quanto sia aumentata la ricchezza dei mezzi che cerca di superare l’antica in pienezza e splendore, però dobbiamo osservare che la primitiva inge-nuità, anima della prima effusione giovanile, appare quasi completamente soffocata nell’attuale forma dell’opera. Il nuovo lavoro, dandoci poi una misura del modo attuale di sentire e di pensare dell’artista ora più elevato, ci permette di gettare uno sguardo nella sua più segreta vita spirituale, dove spesso rimaniamo indecisi se invidiare il fanciullo o l’uomo che sembra non poter giungere ad alcuna pace.
Sull’attitudine di Liszt alla composizione, i giudizi s’allontanano talmente l’uno dall’altro, che una analisi approfondita dei momenti più importanti in cui s’è manifestato il suo ingegno, non si trova qui fuori di posto. Cosa difficile questa, per la ragione che nelle composizioni di Liszt regna una vera confusione circa la numerazione delle opere, e inoltre la maggior parte di esse non è addirittura numerata, dimodoché si possono far soltanto delle congetture intorno al tempo in cui esse apparvero. Che si tratti di uno spirito inconsueto moventesi in modo molteplice, risulta da tutte le sue opere. La sua vita sta nella sua musica. Allontanatosi presto dalla patria, gettato in mezzo alle eccitazioni d’una grande città, già ammirato come fanciullo e ragazzo, si mostra spesso, anche nelle sue più antiche composizioni, pieno di nostalgia, andante verso la patria tedesca, o frivolo, spumeggiante nei leggeri modi francesi. Per degli studi continui e seri di composizione, sembra non abbia avuto né la tranquillità, né un maestro degno del suo ingegno e perciò, a maggior ragione, studiò come virtuoso, come accade a tutte le vivaci nature musicali che preferiscono il suono rapidamente eloquente all’arido lavoro sulla carta. Se egli come virtuoso è giunto ad un’altezza stupefacente, come compositore è rimasto indietro e così nascerà sempre una sproporzione che s’è chiaramente fatta sentire finanche nelle sue ultime opere. Altri avvenimenti hanno poi incitato diversamente il giovane artista. Dapprima egli voleva trasportare nella musica le idee del Romanticismo letterario francese, fra i cui corifei viveva; ma all’improvviso arrivo di Paganini venne incitato a spingere la tecnica del suo strumento al massimo possibile. Alle volte lo vediamo indifferente sino al blasement, sottilizzare le più tristi fantasie (per esempio nelle sue Apparitions) mentre altre volte si diffonde nei più sfrenati artifici virtuosistici, ironico e temerario sino alla semi-pazzia. Dapprima parve che l’arte di Chopin lo facesse tornare di nuovo in sé. Chopin infatti mantiene nelle sue composizioni una “forma” e le meravigliose figurazioni della sua musica sono sempre attraversate dal roseo filo d’una melodia. Ma ormai era troppo tardi per lo straordinario virtuoso riprendere ciò che aveva trascurato come compositore, e forse, non soddisfatto di sé come tale, cominciò a rifugiarsi presso altri compositori abbellendoli con l’arte sua. Così egli sapeva trasportare da maestro sul suo strumento le opere piene di fuoco di Beethoven e Schubert; oppure, nel desiderio di dare anche qualcosa di proprio, riprendeva le sue vecchie cose per adornarle e circondarle colla pompa della virtuosità nuovamente acquistata. Queste mie osservazioni sono da considerarsi come un tentativo per spiegarci che la carriera intrapresa da Liszt come compositore, non fu né chiara né continua a causa del suo preponderante genio di virtuoso.
Ma io sono ben sicuro che Liszt, data la sua eminente natura musicale, sarebbe divenuto un notevole compositore, se avesse dedicato alla composizione ed a se stesso il medesimo tempo che consacrò allo strumento e agli altri maestri. Ciò che abbiamo ancora da aspettarci da lui, si può soltanto supporre. Per acquistare il favore della sua patria, egli dovrebbe soprattutto ritornare alla chiarezza ed alla semplicità, qualità che si manifestano così gradevolmente nei suoi studi più vecchi; ora mi pare ch’egli dovrebbe procedere in modo diverso da quello presente, e cioè alleggerire invece che appesantire. Non dimentichiamo però ch’egli ha voluto darci degli studi e perciò la difficoltà nuovamente complicata della composizione si giustifica con lo scopo che mira precisamente al superamento delle maggiori difficoltà... Voler applicare loro la critica nella guisa consueta per cercare e correggere delle quinte e dei movimenti paralleli, sarebbe una fatica inutile. Composizioni simili, bisogna sentirle: esse sono strappate violentemente allo strumento con la foga delle mani che direttamente devono rendere l’effetto su questo. E anche si deve vedere il compositore, perché se lo spettacolo di qualunque forma di virtuosismo solleva l’ammirazione, tanto più fa effetto quello immediato del compositore quando lotta col suo strumento, quando lo doma e lo fa obbedire in ognuno dei suoi suoni e piegare alla sua volontà. Sono veri studi di tempesta e di orrore, studi per dieci o dodici persone al massimo; virtuosi più deboli alle prese con loro, ecciterebbero soltanto le risa.
Insomma hanno molta affinità con qualcuno degli studi per violino di Paganini, per alcuni dei quali Liszt ha manifestato recentemente l’intenzione di trascrivere per il pianoforte... Come dicevamo, si deve udir tutto ciò da un maestro, possibilmente da Liszt stesso. Qualcosa invero ci urterebbe anche allora: sia là dov’egli esce da ogni limite, sia dove l’effetto raggiunto non ricompensa abbastanza la bellezza sacrificata. Attendiamo con desiderio la sua venuta che ci è promessa pel prossimo inverno. Appunto con questi studi, egli ha avuto un grande successo nell’ultimo soggiorno a Vienna. Grandi effetti presuppongono sempre grandi cause, altrimenti un pubblico non si lascia entusiasmare per nulla. Ci si prepari intanto coll’esame delle due raccolte all’audizione dell’artista: egli darà allora la miglior critica, al pianoforte.

    R. Schumann, 1839

 

 

 

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